La mia riflessione di oggi parte da una notizia di cronaca : Ad Ercolano è stato inaugurato il 9 luglio il primo Museo Archeologico Virtuale (MAV) d’Italia.
La notizia mi ha subito entusiasmato. Ho lavorato per quasi un anno in un’azienda di informatica applicata ai beni culturali, per cui so bene di cosa si sta parlando. È incredibile osservare gli sguardi stupiti della gente che vede davanti a sé comparire nella sua completezza una vecchia rovina. Improvvisamente sembra quasi che non ci sia più mistero intorno all’antico, niente a che vedere con il momento in cui vediamo turisti un po’ perplessi di fronte a quello che rimane di un vecchio tempio.
In quel caso senti mormorare sotto voce, quasi si avesse paura di compiere un sacrilegio, “ Ah ma è tutto qui? Io mi immaginavo qualcosa di diverso, non so di più chiaro”. Molti, per esempio, vanno a Pompei pensando di trovarsi di fronte la città intera e rimangono delusi quando così non è; Non parliamo poi di siti archeologici peggio conservati. Confesso che è capitato anche a me durante una mia campagna di scavo di rimanere delusa dalle famose “buche di palo” delle capanne dell’età del bronzo che nella mi mente avevo immaginato diverse da quelle che in realtà sono.
Quello che però mi fa riflettere è questo: L’impiego di nuove tecnologie ai beni culturali è sicuramente utilissimo, ma, non rischiamo forse che nella società moderna si perda il gusto dell’antico? Il sapore e l’emozione di camminare laddove in passato ha camminato Giulio Cesare? Ovvero la “gente” sarà in grado di capire che la tecnologia offre un valido contributo all’archeologia ma non può rappresentare un suo sostituto? Non rischiamo forse, che sempre meno persone, si rechino direttamente sul sito e preferiscano invece “giocare” con il virtuale?